Motorsport, un nobile passatempo

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Quanto spesso al giorno d'oggi sentiamo commenti sul fatto che il Motorsport sia ad oggi diventata una competizione d'elitè a causa dei suoi costi sempre più proibitivi. Quante volte ascoltiamo i commenti carichi di nostalgia riguardo all'epoca in cui tutti potevano avere la possibilità di correre e la voglia di riportare indietro le lancette dell'orologio a quei giorni.
L'affermazione non è però del tutto veritiera, sicuramente negli anni passati le vetture e le competizioni non erano complesse e ricercate come lo sono oggi, ma di certo non sono mai state economiche per tutte le tasche.
Agli albori delle competizioni, quando le auto erano ancora una strana invenzione - alcuni ne predicavano addirittura il fallimento entro pochi anni - sopratutto personaggi facoltosi, si cimentavano nell'ebrezza della velocità e la sfida costante con il rischio. Nell'Inghilterra edoardiana, sorsero molti Club automobilistici - uno su tutti il Royal Automobile Club - composti per la maggioranza, se non totalità da nobili o personaggi con ampi finanziamenti alle spalle.
Le competizioni erano circondate da un ambiente mondano e ricercato, che potremmo confrontare, almeno per i primi tempi, con l'atmosfera presente al Royal Ascot. I piloti erano visti come cavalieri del rischio pronti a tutto per arrivare alla gloria.
Con la nascita della Formula 1 nel 1950, la gran parte dei piloti era di origine nobiliare, uno su tutti Birabongse Bhanudej Bhanubandh, meglio conosciuto come Principe Bira, mebro della casa reale Tahilandese.
In tempi recenti famoso il caso di Johnny Dumfries, ragazzo scozzese che prese parte a tutta la stagione 1986 di Formula 1 al volante di una Lotus ufficiale, il quale a dispetto delle apparenze in patria era noto come il 7th Marchese di Bute.
Non fu solo la categoria dei piloti ad attrarre nobili menti, anche il fascino di costruire il proprio team e veder gareggiare le proprie vetture. Sogno che volle realizzare a tutti i costi Lord Hesketh, che negli anni '70 diede vita alla propria scuderia insieme all'icono James Hunt. Il nobile inglese pur di perseguire il successo, diede fondo a tutti i propri risparmi e vedendosi costretto in tempi recenti a vendere l'antica tenuta di famiglia pur di evitare il fallimento.
Possiamo così dedurre come il Motorsport, a discapito di discorsi eccessivamente nostalgici, è sempre stato un passatempo per ricchi e nobili personaggi, e a discapito delle apparenze rimarra tale anche per il futuro, per la disperazione di qualcuno e per la gioia di altri.
Longo Federico